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Dai mercati rionali delle piccole e grandi città italiane al MoMa di New York: questa, in breve, la vicenda Seletti. Una storia in cui made in China e made in Italy si intrecciano, un brand internazionale ma orgoglioso delle proprie origini, un patron, Stefano Seletti, con la personalità istrionica e visionaria di un innovatore.
È nel 1987, quando ha 17 anni, che Stefano inizia a lavorare nell’azienda di famiglia. Il padre Romano l’ha fondata nel 1964 per importare dall’Oriente tazze di latta, tovaglie di plastica, sottopentola di paglia da rivendere nei mercati italiani. Oggetti che tutti ricordano, perché accessibili a tutti.
Stefano studia da ragioniere a Cicognara, frazione di Viadana, un paesino in provincia di Mantova che è tutt’ora la sua casa e base operativa. Scoprire i colori, la miseria e la vita al di là della Pianura Padana a un’età così giovane lo segna per sempre. Con lui, Seletti inizia ad applicare a quei prodotti così quotidiani un’estetica griffata che ne trasforma l’essenza e si dota di un laboratorio creativo interno – il Selab – che firma oggetti basic con una forte connotazione artistica.
Design democratico: l’esclusività del design Seletti è solo concettuale, non di prezzo. Un simbolo assoluto? La collezione Estetico Quotidiano, progettata nel 2008 dal Selab e poi scelta come premio per la raccolta punti della catena di supermercati Esselunga.
Sul sito Seletti si legge A charming place that links design to pop art. Ma cosa vuol dire pop oggi?
Il termine pop ha avuto diversi significati negli ultimi anni, per Seletti oggi vuol dire accessibilità, una vicinanza alle persone sia stilistica che economica.
Qual è il ruolo del design oggi?
Sono sempre stato convinto che il termine design significhi ‘pensare bene prima di fare una cosa’, il che deve portare inevitabilmente a una produzione più ragionata e legata alla contemporaneità, alla cura e alla bellezza e meno al consumismo.
In che modo i progetti firmati Seletti riflettono il nostro tempo?
In modo contemporaneo, ironico e divertente. E, come ho detto prima, anche accessibile.
Un innovatore, così si definisce Stefano Seletti. Che, con una buona dose di coraggio, ha ribaltato il mercato con idee nuove, diverse, irriverenti.
Hai detto che a ispirarti sono spesso le tue figlie e le tue nipoti. Cos’altro ti fa riflettere e ti ispira a progettare?
A ispirarmi sono soprattutto le incognite, le sfide sul futuro, la bellezza, la sostenibilità, il divertimento, lo scardinare le regole (ovviamente se sono regole in cui non credo).
Che errore non faresti più se potessi tornare indietro?
Servirebbero troppe righe di testo, rischierei di annoiare qualcuno.
Com'è il tuo studio?
Confuso, colorato e accogliente. Disordinato in maniera ordinata.
Un oggetto o arredo che ti servirebbe ma non è ancora stato prodotto. Chi vorresti che lo disegnasse?
È un segreto :-)))
Il segreto del successo è guardare sempre avanti. Come? Stefano Seletti non ha dubbi: osservando i bambini di oggi e immaginando come vivranno domani.
Hai detto che bisogna sempre guardare al futuro: qual è uno dei grandi temi del futuro che secondo te influenzeranno il nostro modo di abitare e la produzione di Seletti?
Ciò che una volta è stato definito su una rivista della quale non ricordo più il nome la miosfera. Non più pacchetti pre-confezionati ma un design che riporta alla propria persona, oggetti legati ad esperienze ed emozioni.
Dopo Maurizio Cattelan e la fortunata serie Seletti Wears Toiletpaper, con quale altro artista contemporaneo ti piacerebbe collaborare?
Con chiunque altro riesca a darmi gli stessi stimoli e la stessa ispirazione che mi ha dato Maurizio in questi anni.
Ci dai qualche anticipazione sul progetto Seletti per il Salone 2018?
Una delle cose a cui sono più attaccato e che da sempre mi entusiasma e mi avvicina a un pubblico giovane è il Design Pride. Anche quest’anno, mercoledì 18 aprile, il Design pride partirà dal Castello Sforzesco e arriverà in Piazza Affari e vedrà la partecipazione di tante università di Design. Siete tutti invitati!
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