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Tappeti ad arte. Intervista a Matteo Pala
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Tappeti ad arte. Intervista a Matteo Pala

Una passione trasmessa di padre in figlio, il design che nasce ascoltando i racconti di terre lontane e poi viaggiando, viaggiando, viaggiando. Matteo Pala, ecco come nasce una passione per il tappeto che diventa arte, spesso in formati oversize creati su commissione.

Incontriamo Matteo Pala

Matteo PalaMatteo Pala

1. Ogni tappeto è un modo a sé… Ricordi un episodio preciso nella tua vita in cui intravvedi l’inizio di questa storia? 

Non c’è stato un vero e proprio momento in cui mi son  detto : “Ok, questa è  la mia strada”.

Ho passato i pomeriggi della mia infanzia nel negozio di mio padre Angelo, molte volte lo accompagnavo nei suoi viaggi, lo vedevo scegliere meravigliosi tappeti girandoli e rigirandoli alla ricerca di eventuali difetti; eravamo circondati da persone di varie etnie e religioni ma tutti con la stessa passione per i tappeti. È stato un lungo innamoramento se posso definirlo così.

2. C’è un tappeto “volante” che ti ha rapito e portato in questo mondo fatto di intrecci, di culture di mani sapienti? 

Le lunghe chiacchierate con Morteza, il riparatore che veniva da Teheran: mi raccontava molte storie affascinati sull’Iran. Lui certamente ha saputo farmi volare con la fantasia.

3. Cos’è per te il design? 

Dare valore alla qualità: di un’ idea, della manifattura, della produzione non massiva, ma di nicchia, per chi vuole un prodotto speciale ed unico.

4. Qual è il primo tappeto che hai pensato e realizzato? 

È stato un tappeto commissionato da un cliente che mi ha dato fiducia quando ero ancora agli esordi. E’ stata un esperienza che poi si è rivelata una vera e propria scuola, poiché ero stabile nel suo Palazzo di Venezia. 

Il tappeto richiesto doveva seguire perfettamente una opera gigantesca appesa a parete. Ho passato intere giornate a scegliere i colori e i disegni affinché diventasse poi un’unica opera. Il tappeto di 6 metri  per 10 metri è stato consegnato dopo 7 mesi di intensa lavorazione.

5. Dove vengono prodotti i tuoi tappeti? 

Principalmente produco in Nepal e in India.

6. In termini di arredamento che cosa rappresenta per te il massimo lusso? 

Avere qualcosa di unico, di personale. Qualcosa che è stato pensato, disegnato e costruito per te.

7. Il tappeto è una superficie calpestabile ed è, allo stesso tempo, arte che mettiamo sotto i piedi. Non trovi che sia bellissimo il concetto di un elemento così ricco (di storia, di materiali pregiati, di lavoro artigianale) che si fa servo per elevare i nostri spazi domestici? 

Il tappeto nasce anticamente per proteggere i nomadi, li utilizzavano come materiale per isolare le tende. In seguito, durante la millenaria storia del tappeto, disegni e nodi di qualità altissima portano il tappeto alle più alte vette. Da semplici coperte si sono via via trasformati in veri e propri capolavori, per arredare i palazzi di corte Persiani, Indiani, Turchi, Cinesi.

La cosa bella del tappeto è che diventa parte di una famiglia e molte volte viene tramandato, spesso infatti mi capita di essere chiamato da clienti che ne hanno ereditati dai nonni e vogliono sapere qualcosa di più. 

8. Cosa pensi possa fare il mondo del design di conseguenza a questa pandemia globale?

Ci stiamo adeguando ad un nuovo modo di lavorare, il design sarà sempre più funzionale, più concreto.

9. Quale pensiero per il pianeta è presente nella tua progettualità?

Sono affiliato a Good Weave un’associazione con sede a Washington che certifica che i miei tappeti vengono prodotti da artigiani tutelati nelle condizioni di lavoro e con salari adeguati, con la garanzia che non c’è lavoro minorile, insomma quello che si definisce Trade Fare.

Nel mio piccolo cerco di contribuire così, sostenendo le famiglie degli artigiani che lavorano per me.

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