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Cosa vogliono le persone? Rispondono i designer

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Trent’anni anni e oltre 6mila km di distanza separano la tua nascita, Grace, da quella di Bonaldo. Eppure, Amazing Grace, siete più simili di quanto tu possa immaginare. Prima di tutto, si può dire che entrambe avete esordito, ciascuna nel suo, durante un periodo terribilmente difficile, quello della Seconda Guerra Mondiale.
Una manciata di anni prima, per l’esattezza: è il 1936 quando l’abile fabbro Giovanni Vittorio Bonaldo inizia la propria avventura imprenditoriale specializzandosi nella lavorazione dei metalli per l’arredamento. Tu in quegli anni riesci a ottenere il Dottorato di ricerca in Matematica alla Yale ma forse è il 1943 un anno ancora più memorabile: dopo tre tentativi, sei finalmente entrata nella Marina Militare.
All’epoca hai l’aspetto di una Édith Piaf americana, troppo minuta e anche anziana per servire nel corpo delle Waves, il comparto femminile della Navy, ma riesci a ottenere una deroga e l’anno dopo sei ad Harvard a fare un nuovo lavoro, quello che ti avrebbe reso celebre: la programmatrice. Il tuo nome è ancora troppo poco conosciuto rispetto a quelli di Bill Gates o Steve Jobs, eppure è anche merito tuo se oggi la stessa Bonaldo può avvalersi di sofisticatissimi sistemi computerizzati, accanto alle più pregiate tecniche artigianali, per produrre le proprie collezioni d’arredamento.
Coraggio, ironia, fiducia nei nuovi talenti: sono solo alcuni degli aspetti che ti descrivono, e li hai in comune con Bonaldo. Quando, negli anni ‘50, lavori alla Eckert-Mauchly Computer Corporation, la società che avrebbe progettato il computer commerciale, e dai alla luce il primo compilatore, lo strumento in grado di far capire ai computer il linguaggio umano, Bonaldo inventa una rete pieghevole che diventerà uno standard di mercato e sviluppa tecniche di produzione avanguardistiche. Decenni dopo è il turno di un divano letto al tempo stesso utile e bello.
Per essere innovativi bisogna sperimentare e aver fiducia nel nuovo che avanza: pensa che il Big Table, che ormai è l’icona del brand, è stato progettato da quello che all’epoca era un designer giovanissimo e sconosciuto, Alain Gilles. Che ebbe un’intuizione: introdurre in un elemento solitamente statico e monocromatico un mix di colori e materiali, in una parola il dinamismo. Così che la forma varia a seconda dell’angolazione da cui si osserva il tavolo.
Ma al Salone del Mobile 2018 c’è anche un altro progettista che ha qualcosa in comune con te: Fabrice Berrux. È professore anche lui, un grande divulgatore, proprio come te. Tu hai appeso in ufficio un orologio che andava al contrario per spiazzare gli altri e dimostrare che non si deve assecondare pedissequamente il principio dell’Abbiamo sempre fatto così.
Similmente, Fabrice Berrux ha scelto il suo mestiere per trascorrere la gran parte del tempo creando e quindi sfidandosi a stupirsi e stupirci di continuo. Esplorando nuove idee, nuovi territori, come in un viaggio.
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