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Internet Sickness vs Digital Detox: prevenzione, cura ed equilibrismi vari
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Internet Sickness vs Digital Detox: prevenzione, cura ed equilibrismi vari

Per quanto tempo deve bollire un uovo? Aggiornamento Android bloccato: cosa fare? Si può togliere una macchia di aceto balsamico dalla maglietta? Devo aver posto a Internet queste esatte domande almeno cinque volte ciascuna. A questo punto dovrei sapere la risposta, eppure non c’è verso che io la memorizzi. Preferisco ogni volta ri-digitare la domanda. Per sicurezza, mi dico.

Ricordo ancora il mantra del mio professore di latino e greco del ginnasio: Non avete bisogno di imparare niente, potete trovare tutto sul vocabolario. L’evoluzione di questa dannosa affermazione, che demanda continuamente il minimo sforzo di memoria e di logica, è Tanto lo puoi trovare online. Per esempio, ora ho appena cercato sinonimo di affermazione, invece di sforzarmi e trovarne uno da sola per continuare la frase. Perché ti ho fatta studiare? direbbe mio padre, mentre la mia laurea in lettere si accartoccia da sola.

La verità è che siamo tutti innegabilmente dipendenti dalla tecnologia per la risoluzione di qualsiasi problema, anche il più immediato. Che tempo farà domani? Posso controllare subito sulla tab di Google Now. Chissà come sta Simone - non gli scrivo, controllo direttamente su Facebook o Instagram: tutto ok, ha postato durante il weekend. Chiudo la scheda e continuo con la mia giornata.

credits: Samuel Zellercredits: Samuel Zeller

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Iperconnessione: la faccia riflessa sullo schermo

Apri gli occhi al suono della sveglia impostata sul tuo smartphone. Mentre ti lavi i denti sblocchi lo schermo per controllare l’ora. Prendi il treno e leggi un altro capitolo del tuo ebook, prendi il bus e controlli le mail dallo smartphone. Arrivi in ufficio e accendi il computer, pronto a passare almeno otto ore davanti allo schermo. Quando fai pausa scorri la home di qualche social, il mento piegato verso il petto come durante lo stretching - solo che non lo stai facendo.

Mantieni la stessa postura quando riprendi il bus e guardi un video di YouTube. Sul treno, invece, guardi l’ultima puntata della tua serie preferita su Netflix dal tablet, mentre chiacchieri con un amico su WhatsApp da smartphone e chiedi alla tua dolce metà cosa vorrebbe per cena prima di chiudere l’ordine su Deliveroo.

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What a time to be alive.
credits: Alicia Steelscredits: Alicia Steels

Che il nostro comportamento online e le ricadute su quello reale siano classificabili come disordini è ancora oggetto di discussione, ma diventa sempre più difficile negare che la tecnologia abbia un impatto su come le nostre menti funzionano, secondo le parole di Liz Soltan.

Pensandoci su, forse la tecnologia non ci ha mai fatto bene: la scrittura, da quando è stata inventata, si è accompagnata al mal di gambe dello scriba sumero prima, fino ai dolori di schiena e all’abbassamento della vista del monaco amanuense poi. Il problema, ora, è la portata psicologica - intesa come ricaduta e come impegno richiesto - che la tecnologia ci sta chiedendo.

Alienazione: nausee mattutine e insonnia a oltranza

Esiste l’hasthag #internetsickness: me lo ha detto Urban Dictionary, il sito dove vado ad aggiornare il mio vocabolario online. E, in effetti, il senso di nausea che si prova usando quotidianamente Internet è sempre più condiviso e sentito come una effettiva problematica.

Non si tratta solo di illuminazione troppo intensa, postura sbagliata e pollice opponibile - nel senso che si oppone a scorrere ancora una volta il feed e te lo comunica con ripetuti crampi. Tra allarmismi, fake news, sconfortanti statistiche e un flusso di cronaca costante, la maggior parte degli utenti del web non è felice. Come ho fatto a saperlo? Ho controllato su Google:

Paradossalmente, però, la ricerca di una soluzione avviene raramente offline: la maggior parte delle persone reagisce alla nausea da Internet… sfogandola su Internet. Lo si fa creando la propria bolla e nascondendo o eliminando dal proprio feed qualsiasi negatività o persona indesiderata, oppure comunicando incessantemente la propria insoddisfazione, tramite tweet e commenti. Il complottismo, per esempio, è una pratica fine a se stessa: è adesione alla sovrapposizione di un’alternativa a un mondo che non piace. Invece di intervenire su questo, si rimane fermi a guardare le ombre sul fondo della caverna e additarle. Dal proprio smartphone, ovviamente. 

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Parlare di esperienza diretta è una cosa abbastanza divertente oggi.
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Tra noi e il mondo c’è sempre uno schermo: l’ha inventato Dante quando, per paura di compromettere Beatrice, indirizzava i suoi sospiri a una donna… schermo, appunto. Filtra, protegge e allo stesso tempo è al nostro completo servizio. Allora perché non lo sappiamo usare? Perché abbiamo la continua sensazione di dover tenere il passo con le ultime tecnologie? E, soprattutto, dove stanno andando? 

Questi, per esempio, sono gli Spectacles di Snapchat, lanciati all’inizio di quest’anno, e sono la risposta a una domanda che chissà chi si era posto e che doveva suonare più o meno così: perché tenere in mano uno smartphone se puoi fare i tuoi snap direttamente con gli occhiali? Forse non avremo mai una risposta certa, ma solo perché Instagram ha creato le proprie Stories, surclassando il concorrente e impossessandosi anche dei suoi filtri - il tutto prima che potessimo davvero preoccuparci. 

Pericolo scampato? Davvero? O abbiamo solo sostituito una minaccia tecnologica con un’altra? La designer Stella Shen si è posta questo interrogativo e ha dato una risposta con Infinite Loop of Technology, un insieme di opere che denunciano il circolo vizioso in cui è caduta la tecnologia: risolvere un problema causato da una X tecnologia non migliorandola, ma sostituendola con una tecnologia Y. 

Infinite Loop of Technology, Stella ShenInfinite Loop of Technology, Stella Shen

Alternative: l’era della mindfulness

Senza raggiungere i casi estremi dell’opera di Shen, che comprende anche un immobilizzatore e un pungolo, si possono trovare fior fiore di suggerimenti su come usare in modo corretto il web e i device tecnologici. È tutto su Internet, ovviamente.

E se non è possibile limitare le ore che passi davanti a uno schermo, principalmente perché è lì che devi svolgere la maggior parte del lavoro, allora puoi provare a praticare un po’ di mindfulness - che significa consapevolezza.

Perché sto usando lo smartphone ora? Ne ho bisogno? Posso aspettare? Starò meglio o peggio dopo? Porti domande di questo tipo può aiutare a ridurre il tuo consumo di Internet, non come imposizione - tutti abbiamo fatto almeno una dieta: sappiamo che non è questo il modo di farle funzionare. Il trucco è capire che la fai perché ti fa bene.

credits: Amaryllis Liampoticredits: Amaryllis Liampoti

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