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Se Bonaldo fosse una persona, sarebbe come Iris Apfel o Vivienne Westwood. Un’elegante ottantenne, un’icona di stile, una presenza riconoscibile, eccentrica il giusto, mai uguale a se stessa.
Pluripremiata ma coi piedi per terra, fiera delle proprie origini ma cittadina del mondo, capace al tempo stesso di mantenere una profonda memoria storica e lavorare in prospettiva.
Come in tutte le tradizioni imprenditoriali italiane che si rispettano, anche Bonaldo è un’azienda a gestione familiare, giunta ormai alla terza generazione.
Un’azienda che si è saputa trasformare negli anni per affermarsi sulla scena internazionale, scrivendo pagine celebri nella storia dell’industrial design. Un’azienda che si direbbe camaleontica, in grado di adattarsi alle esigenze di mercato: nata in Veneto nel 1936 e specializzata nella lavorazione dei metalli, passa vent’anni dopo a produrre reti, letti e materassi.
Poi arrivano gli imbottiti, a partire dai divani letto. Oggi potrà sembrare scontato, ma è grazie a Bonaldo che questi utili elementi trasformisti sono evoluti da soluzioni d’emergenza a veri e propri elementi d’arredo.
Seguendo la stessa logica, nel 2000 cominciano le collaborazioni con designer e architetti: una sfida continua a trovare nuove idee e contaminazioni e sperimentare materiali e tecniche produttive.
È così che l’azienda padovana arriva a firmare una gamma che supera le 220 tipologie di prodotto, tra letti, divani, poltrone, complementi, tavoli e sedie. Pensati dai migliori designer di tutto il mondo, ma rigorosamente prodotti in Italia.
Se dovessi scegliere la caratteristica più rappresentativa di Bonaldo, punterei sulla capacità di rendere un prodotto audace e dinamico accostando materiali diversi.
Guarda Big Table, il capolavoro di Alain Gilles: un tavolo contraddistinto da un segno grafico ormai iconico. Quattro gambe inclinate e incrociate, in acciaio tagliato al laser, esaltano lo spessore minimo del piano, in cristallo o legno massello.
Progettato nel 2008, l’anno dopo è esposto al Salone del Mobile e si aggiudica il Good Design Award. Ma ci vogliono due anni prima che il mercato lo elegga a best seller del brand.
Come un buon libro, anche il tavolo simbolo di Bonaldo ha più livelli di comprensione: apparentemente semplice, nasconde un gioco di equilibri tra il dinamismo delle gambe e la stabilità del piano. Per dirla con Alain Gilles, è la simplexity, crasi di semplicità e complessità: una logica che il designer francese considera chiave di tutto il proprio lavoro.
Bonaldo pensa in grande, certo, ma in un’epoca in cui gli spazi sono sempre più ridotti e multifunzionali non poteva che dedicarsi anche all’esplorazione della versatilità.
Divani letto, poltrone letto, credenze che si trasformano in scrittoi. Alleati dell’abitare mini che non rinunciano a uno stile sofisticato e studiato nei dettagli. Così come gli specchi: decori funzionali che giocano con la prospettiva e la profondità moltiplicando l’ambiente, mostrandoci una stanza oltre la stanza.
D’altro canto la casa perfetta è quella che riflette la personalità di chi la abita: ecco perché le collezioni Bonaldo hanno un volto per ognuno. Monomateriche ma vivacizzate da contrasti di forme o finiture, avveniristiche o eccentriche, vivono assieme a chi le usa, ma senza invecchiare. Magie di design.
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