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C’è la Bologna snob, arricchita e provinciale e la Bologna bolscevica, sfatta e intellettualoide.
Due anime che sanno tollerarsi e che convivono – e che sanno anche essere conviviali quando c’è da mettersi a tavola e condividere un piatto di tortellini.
Bologna è considerata la più antica città universitaria del mondo occidentale, con il primo ateneo fondato nel 1808.
Da sempre un'oasi per intellettuali e creativi (vi studiarono Dante, Petrarca e Boccaccio), Bologna è ancora oggi un’attrattiva per gli studenti internazionali, tanto da essere l’università italiana maggiormente scelta dagli studenti stranieri del Progetto Erasmus.
Una città viva, dove la cultura nasce accademica ma si vivifica in strada. La sera i locali esondano di bolognesi.
Da un lato, ricche signore, mogli o matrone della florida imprenditoria della pianura padana, che escono da teatro o dai migliori ristoranti d’Italia; dall'altro gli studenti sbronzi che discutono di politica e musica seduti a terra sotto i portici della città o sulla gradinata della Basilica di San Petronio in Piazza Maggiore (la Piazza Grande della canzone di Lucio Dalla).
Lo sapevi che il successo della Fiat Panda disegnata da Giorgetto Giugiaro fu sancito proprio da Bologna? Erano gli anni Ottanta e Giugiaro aveva disegnato un piccolo SUV ante litteram, una compatta city car tanto spaziosa da poterci dormire dentro in due e per questo pensata soprattutto per un pubblico giovane.
Invece furono le signore bene di Bologna che abitavano sui colli panoramici della città ad innamorarsene: adatta a ogni tipo di condizione stradale, agile in città, facile da parcheggiare e con un bagagliaio da riempire di shopping per la casa – e non solo.
Il Palazzo dell’Archiginnasio, l’antica sede dell’Università che ospita l’impressionante teatro anatomico, dove si sezionavano i cadaveri durante le lezioni di medicina e anatomia.
Sarebbe stato di sicura ispirazione a Edgar Allan Poe per qualche cupo racconto dei suoi.
Il centro storico medievale, con i suoi quaranta chilometri di portici, è uno dei meglio conservati d’Europa. Quando siamo passato noi sul finire del 2017, anche il Gigante (al Zigànt in dialetto bolognese) – come familiarmente chiamano l'imponente Statua del Nettuno del Giambologna i suoi concittadini – si stava dando una ritoccatina e alte impalcature ne coprivano le pudenda.
La Biblioteca Salaborsa, all’interno del più vasto Palazzo d’Accursio, è un’affascinante piazza coperta con due ballatoi superiori e due sale sotterranee, decorate con stucchi e pitture in stile liberty e con soffitto a cassettoni.
Adibita a biblioteca solo nel 2001, questa area del palazzo è stata, in ordine: sede del Palazzo comunale, orto botanico, ufficio telegrafico e poi nuova Residenza delle Regie Poste, luogo per le contrattazioni di borsa, ristorante economico, banca, palasport, primo Teatro Stabile dei Burattini, ufficio amministrativo del Comune di Bologna.
Bologna non potrebbe essere che rossa.
Per l'ubiquità degli edifici medievali in terracotta, adornati da chilometri di portici.
Per le Rosse Ducati e Ferrari che, assieme a Lamborghini e Maserati, fanno di Bologna e della sua regione la terra dei motori.
Per il quasi ininterrotto governo di sinistra dal 1945.
Per quel diffuso spirito di contestazione, per quel tacito codice stilistico diffuso tra i giovani retro-boho-sciatto, che spazia dai pantaloni di fustagno ai manicotti in lana.
Ma eccoci finalmente all’aspetto di Bologna che mette d’accordo tutti, rossi e neri, intellettuali e zotici, studenti e imprenditori: la ciccia.
Da Pellegrino Artusi alle prime guide del Touring Club, la percezione immaginaria di Bologna come paradiso delle delizie del palato non conosce flessioni. Tolti pizza e spaghetti, quali sono i termini gastronomici tra i più straziati dagli accenti stranieri? Tagliatelle al ragù, mortadella, tortellini e lasagne, guarda caso tutti made in Bologna e dintorni.
Qui la pasta ripiena è un bene di base, come l’acqua (ma meglio se bevi lambrusco), il pane (anche se le crescentine sono filologicamente più corrette) e il latte (da cui il Parmigiano Reggiano). Tanto che puoi acquistarne per pranzo una porzione in uno striminzito laboratorio del centro città e consumarla in uno dei locali sull’altro lato della strada. Tortelli al sacco, insomma.
Ma anche con la ciccia non si scherza, ci troviamo infatti nell’indiscusso regno degli insaccati. Visitare Bologna in periodo prenatalizio non aiuta: per cogliere le sue smorfie da Dotta, si è letteralmente costretti a scostare cotechini, mortadelle, prosciutti e culatelli. I mercati gastronomici sono ovunque: dalle strade all’aperto alle sale dei palazzi storici.
Il medievale Mercato di Mezzo, a due passi da Piazza Maggiore, è stato oggetto nel 2014 di un progetto di riqualificazione che l’ha trasformato in un moderno tempio della degustazione. La struttura si articola su tre piani ed è uno spazio dove acquistare o consumare sul posto prodotti enogastronomici e piatti di eccellenza.
Al piano terra si trovano grandi e piccoli tavoli di uso comune ed i chioschi alimentari, collocati nelle nicchie laterali come nella pianta ottocentesca: carne, pesce, salumi, formaggi, frutta, pane, pasta, gelati e pasticceria, vini.
Al primo piano si trova la pizzeria e nel piano interrato, con suggestive volte a botte, una birreria artigianale.
Fuori dalla città, salendo su per i tornanti appenninici della provincia di Modena, si può andare a fare visita al Vasco nazionale nel suo paese natio, Zocca. Se – stranamente – non lo si dovesse incontrare, si può sempre consolarsi con dello shopping casereccio presso il caseificio Rosola.
Si narra che lo chef Bottura si rifornisca qui del suo Parmigiano Reggiano. Davvero? Si, perché prodotto dal latte di sola vacca Bianca Modenese, oggi superstite in appena poche centinaia di esemplari.
Un’altra voce della musica nazional-popolare originaria di questa Emilia Romagna che fonde così bene provincialismo e cosmopolitismo, cita uno dei vini più noti del territorio, il Lambrusco.
Un vino poco blasonato rispetto ad alcuni nomi toscani o piemontesi che tuttavia, grazie alla fede nella tradizione e alla tenacia di alcune famiglie di viticoltori della zona di Sorbara, è riuscito ad aggiudicarsi i tre bicchieri del Gambero Rosso per il 2018 e a conquistare l’America, dove è sempre più apprezzato e richiesto.
L’aceto balsamico è un altro atto di fede. Chi possiede un’acetaia lo dice senza imbarazzo alcuno: questo tipo di produzione non ha nessun senso economico.
L’aceto balsamico tradizionale ha almeno 25 anni di riposo alle spalle e rappresenta solo il 3% dell’aceto contenuto nelle batterie di botti dell’acetaia. Il suo costo è elevato, talvolta folle.
Ma non potrebbe essere diversamente: alcune botti sono secolari, hanno preceduto il produttore e suo padre e anche suo nonno. La più antica risale al ’700 ed è meta di visite guidate e pellegrinaggi. Non sarà nero ma è certamente oro. Oro naturalmente caramellato.
Siamo sul finire del XIX secolo, quando spezie, caffè e frutti di origine esotica affascinano le elite più abbienti. Un furbo pasticcere di Vignola mette a punto la ricetta di una torta nera, tutta cioccolato, fondi di caffè e arachidi.
Nel 1907 il dolce viene dedicato alla più illustre personalità della cittadina modenese: l’architetto Jacopo Barozzi che subentrò a Michelangelo nella conduzione dei cantieri della Basilica di San Pietro in Vaticano.
Il Loris, paffuto e baffuto vignolese che ci rapisce per una buona mezz’ora illustrandoci vizi e virtù della contrada, giura che la torta Barozzi sia il dolce preferito della Regina d’Inghilterra. Gli vogliamo credere?
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