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Gaku di Nendo, una nuova forma tra le lampade Flos

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Questi versi di Charles Baudelaire in Le voyage sintetizzano bene l’espressione artistica di uno che di luce e di lampade se ne intendeva parecchio: Ludovico (Vico) Magistretti, pluripremiato architetto e designer di cui proprio quest’anno ricorre il centenario della nascita.
L’architettura è stata il suo primo amore, mai abbandonata fino alla scomparsa nel 2006.
Fin dagli esordi nello storico studio di via Conservatorio, a Milano, il giovane Vico inizia a portare la sua luce negli (oscuri) anni del Dopoguerra.
Ridisegna gli scenari di sovrabbondanza decorativa dell’urbanistica dell’epoca introducendo una controtendenza basata sulla semplicità, intesa come assenza di ridondanza.
L’idea di semplicità accompagna Magistretti anche quando, dagli anni ’50 in poi, decide di affiancare alla carriera di architetto quella di Designer. Il suo è uno stile brillante e innovativo: concept design moderno e visionario, forme sinuose ma essenziali, materiali funzionali e resistenti.
La poliedrica vena creativa del designer milanese sorprende, conquista, affascina.
In particolare, si dedica con passione alla progettazione di lampade. I suoi sono disegni semplici nelle linee, ma potenti nella forza espressiva e nella capacità di evocare immagini sorprendenti.
Ne sono esempio i modelli progettati per Artemide tra gli anni ’60 e gli anni ’70, considerati pezzi iconici dell’illuminazione di design.
E lui, Vico Magistretti, la luce l’ha letteralmente portata nelle case attraverso creazioni diventate simbolo dell’Interior Design made in Italy: lampade da tavolo destinate a rivoluzionare completamente il modo di immaginare e interpretare il classico abat-jour.
Magistretti ha creato, Artemide ha interpretato e diffuso il suo messaggio: Eclisse e Dalù sono diventate icone mondiali di stile e arte contemporanea.
La storia di Eclisse è contornata di fascino e aurea leggendaria. Tutto ha inizio nel 1963, sulla metropolitana di Milano.
Leggendo I miserabili di Victor Hugo, Magistretti inizia a pensare alla lanterna di Jean Valjean descritta nel romanzo. Un attimo dopo nella sua testa la lanterna semi-cieca di un ladro si trasforma in una lampada da tavolo. Per non perdere l’improvviso guizzo creativo, prende il biglietto della metropolitana e butta giù uno schizzo sul retro.
Il concetto progettuale prevede tre semisfere: due fisse – la base e la calotta esterna – e una calotta interna mobile.
Da qui l’idea di aggiungere a quella prima folgorante immagine in metropolitana la metafora del fenomeno astronomico: simboleggiando il sistema Sole-Terra-Luna, le tre semisfere simulano ciò che avviene durante le eclissi di Luna, quando il cono d’ombra terreste investe in maniera totale o parziale il globo lunare.
Allo stesso modo, la calotta interna ruota coprendo totalmente o in parte l’emissione luminosa della lampadina. L’utente è libero di graduare il fascio di luce per ottenere un’illuminazione soffusa e schermata oppure diffusa e omogenea: anche questa è una piccola rivoluzione.
Premiata con il Compasso d’oronel 1967, Eclisse fa parte della collezione permanente del MoMA di New York e del Triennale Design Museum di Milano.
Per Artemide Magistretti firma un’altra lampada cult con protagonista la luna: Dalù.
Stavolta è una mezza lunaminimal e stilizzata al cui interno la lampadina infonde una luce soffusa ma potente.
Vista di lato, sembra propendersi verso gli ambienti da illuminare. Dalla nicchia in cui è allocata, la lampadina in vetro opaco fa risaltare i volumi tra loro opposti creando suggestivi giochi di luce.
Inizialmente Magistretti la immagina solo in due colori, il bianco e il nero.
Negli anni, Artemide la lancia in varianti che mantengono l’originario materiale termoplastico stampato, ma riadattano lo stile anni ’60 alle varie epoche.
Accanto alle storiche versioni in bianco e nero, nascono così riedizioni di Dalù ancora più flou e contemporanee: nuance lucide e trasparenti, scala del rosso e dell’arancio.
Accenti accattivanti e iper-moderni di un classico del design della luce.
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