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Lucidi e Pevere per Foscarini
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Lucidi e Pevere per Foscarini

Abbiamo pensato di rivolgere una serie di brevi interviste ai designer che stimiamo e offrire così ai nostri lettori l’occasione di dare un’occhiata al “dietro le quinte” delle cose, dei cosiddetti oggetti inanimati. Che poi tanto inanimati non sono…

Questi rapidi scambi ci rivelano in verità il pulsare di un pensiero accesissimo, che progetta indagando, in concertazione con le aziende produttrici, sintonizzandosi con i Brand che amiamo.

Incontriamo i designer Paolo Lucidi e Luca Pevere

Dopo l’iniziale formazione sulla scena del design milanese, Paolo Lucidi e Luca Pevere hanno aperto il loro studio a Udine, impegnati in una costante sfida nel creare nuovi tipi di prodotti, che parte dalla ricerca di materiali allo studio di tecnologie senza precedenti.

La sinergia con la ricerca Foscarini ha portato alla nascita della collezione di lampade Aplomb, realizzate con un'esclusiva pasta di cemento che esprime un forte dialogo tra architettura e design.

Paolo Lucidi e Luca Pevere PH Fabrizio CicconiPaolo Lucidi e Luca Pevere PH Fabrizio Cicconi

1. C’è un'esperienza precisa, legata alla vostra storia personale, che ha fatto scattare la molla del design?

Paolo. Mio padre aveva un piccolo negozio di mobili in cui spesso da bambino dovevo trascorrerci delle ore. Ricordo ancora gli odori delle cucine nuove e lo stupore di fronte a qualche nuovo pezzo che ospitavamo. Poi il Sello, l’Istituto d’Arte di Udine, le collaborazioni in alcuni studi di architettura e qualche anno in un’azienda. Infine il corso di Disegno Industriale al Politecnico di Milano.   

Luca. Più che un'esperienza, un preciso momento durante l'ultimo anno di liceo scientifico, quando l'insegnante ci ha fatto disegnare le tre viste prospettiche di una caffettiera. Solo allora ho davvero realizzato che non esisteva un unico concetto di disegno artistico, ma che c'era una specifica disciplina che metteva insieme il disegno e gli oggetti che ci circondano.

2. Cos’è per voi il design?

Una ricerca di significato sostanzialmente. Cerchiamo di dare forma ad un processo-industriale o artigianale che sia rivolto a un materiale, ad un’idea costruttiva o tipologica, allineandoci ai tempi in cui viviamo.

3. A quali processi siete interessati quando progettate?

Il processo è sempre rivelatore di molte informazioni e come tale è fondamentale comprenderlo. Oltre ad essere, esso stesso, affascinante da guardare. Quasi ipnotizzante.

4. In termini di arredamento che cosa rappresenta per voi, in senso lato, il massimo lusso?

Anche un oggetto umile e semplice se messo in una grande stanza vuota può diventare molto prezioso e ha la possibilità di raccontare la sua storia. Il lusso si esprime al massimo quando c’è assenza e silenzio, ma è fondamentale che abbia qualcosa da raccontare.

5. Cosa pensi possa fare il mondo del design per questa pandemia globale?

Molte cose. Deve interrogarsi su molti aspetti del suo operato e su come questi stiano impattando sull’ecosistema. L’obsolescenza delle “cose”, per fare solo un esempio, è una di queste. Come sappiamo non esiste solo l’obsolescenza pianificata -forse la più deleteria e criminale di tutte- ma anche quella funzionale, che nutre le discariche di tutto il mondo. Poi c’è quella per così dire “l’obsolescenza semantica” quando disegniamo con la furbizia di uno stilista. Noi ci siamo sempre impegnati -a volte con successo altre volte meno- cercando di creare dei prodotti sobri e durevoli.

6. Qual è il vostro rapporto con l’incertezza, il caso, l’imprevisto?

Paolo. Mi mette energia ed entusiasmo. Soffro fisicamente il metodo, il rito e la pianificazione. Questo è anche un grosso problema perché l’entusiasmo non è per viaggi lunghi in mezzo al deserto, ma per brevi fuoripista. Se non trovi più la strada il rischio è di rimanere senza benzina. Ci sto lavorando.

Luca. Ho sempre avuto un buon rapporto con la routine e con le abitudini, mi fanno sentire in armonia con tempo e spazio. Ma credo serva anche una giusta dose di caso e incertezza per evitare la noia, per noi designer la tomba della creatività. In buona sostanza credo ci sia bisogno di ordine e di disordine, senza l’uno non apprezzeresti l'altro e l’esperienza non avrebbe il valore che è giusto attribuirgli.

7. Quale aspetto di Foscarini è più entusiasmante nel stimolare le vostre idee?

Ci siamo avvicinati a Foscarini più di dieci anni fa per il valore che dava all’innovazione, per la curiosità che ci metteva nel comprendere processi e materiali e per la determinazione con cui li adattava alle proprie necessità nel rispetto dei lavoratori. È stato senz’altro questo che ci ha sempre guidato e stimolato di più.

8. Aplomb è una collezione di lampade dalla forte matericità, contiene una reminiscenza: il filo a piombo dei muratori. Lo sviluppo di un’idea spesso avviene attraverso percorsi nascosti, frutto di dialogo e confronti oppure attraverso processi personali e intimi. Qual è il sentiero che ha condotto a Aplomb? La versione outdoor ha altre peculiarità oltre a quelle tecniche?

La genesi del progetto è un complesso melting pot di stimoli, sensazioni e collegamenti che convogliano in un oggetto, tutto sommato molto semplice.

Il collegamento logico derivava da quello che stavamo progettando in quel periodo: vasi per esterno in diversi materiali tra cui terre e cementi.

La sensazione invece che provavamo in quegli anni era quella di un certo fastidio per gli oggetti che simulavano l’estetica Apple: bianca e perfetta, sempre uguale a se stessa.

Il ragionamento che poi ha definito l’oggetto è stata l’associazione tra Brand e tipologia di lampada. Quella a sospensione piccola era la più giusta per esprimerne il peso e il mondo di riferimento.

In generale il processo creativo che porta ad un nuovo prodotto è inizialmente intimo, la scintilla per così dire, e diventa poi necessariamente corale. In questo senso le parti del progetto vengono definite strada facendo, insieme. La scelta di creare una versione outdoor -il cemento naturale, parla quasi più il linguaggio esterno che interno- è stata determinata principalmente da Foscarini.

9. Di cosa non potrebbe fare a meno la vostra casa?

Paolo. Di uno spazio verde. Gli undici anni a Milano sono stati una sofferenza.

Luca. Anche per me il verde è fondamentale così come la luce naturale. Abbiamo abbandonato Milano anche per questi motivi. Curare il giardino è qualcosa che mi da pace e mi permette di pensare mentre le mani si muovono autonomamente. Qualcosa che in questi ultimi tempi ringrazio ancor di più di avere. Lo considero il vero lusso.

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