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I mezzi di trasporto del futuro, tra un hyperloop e un drone

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Per il 2018, Telegram ha annunciato il lancio della più grande ICO di sempre, puntando a raccogliere 500 milioni di dollari. Venderà Gram, la criptovaluta proprietaria in cambio di euro e dollari.
Confuso quanto me?
Per capire di cosa si stia parlando, ho chiesto aiuto a un amico ed esperto del campo.
Da quando Matteo Toto si occupa di Bitcoin è continuamente in viaggio: Lisbona, Kyev, Berlino e Bologna. Da inizio 2018 è al lavoro su un progetto di ICO (Initial Coin Offer), una sorta di crowdfounding in moneta digitale, e non ha più nemmeno un minuto libero.
Iniziamo dalle cose semplici. Come posso spiegare che cos’è il Bitcoin a mia nonna?
Dille che potrà finalmente tornare a tenere i soldi sotto al materasso maturando interessi e senza temere che qualcuno possa portarglieli via, banche comprese.
Nel 2008, Satoshi Nakamoto (eroe solitario o collettivo nascosto dietro a uno pseudonimo?) teorizza il concetto di Blockchain distribuita: un flusso concatenato di blocchi di informazioni che registra mediante crittografia, in modo aperto, distribuito e sicuro, transazioni economiche tra parti (i cosiddetti wallet).
Il registro è (teoricamente) inviolabile, incorruttibile e permanente.
Oggi, se voglio acquistare online, ricorro necessariamente all’intermediazione dei vari Visa, Paypal, Mastercard. Con Bitcoin, invece, posso trasferire valore dal mio wallet digitale direttamente a quello dell’esercente (operazione peer to peer). Questa transazione viene processata, criptata e memorizzata nella Blockchain.
La Blockchain è sicura come le banche?
Le idee di Nakamoto propongono un’alternativa all’attuale modello economico, colpevole di un peccato originale che ci ha portato alla crisi economica del 2008: la centralizzazione nelle mani di società private orientate da interessi privati.
Gli stessi governi delegano la gestione finanziaria del proprio paese a banche e enti riconosciuti (trusted), ma non per questo senza fini di lucro.
Il sistema basato sulla Blockchain si propone invece come censorship resistent, transnational, borderless, decentralized.
Un processo che si genera solo in concomitanza di una transizione economica tra parti e che persegue il solo scopo di portarla a termine nel minor tempo possibile, senza secondi fini, tare geografiche e maggiori garanzie crossborder.
Davvero non ci guadagna nessuno?
Il lavoro va riconosciuto, questo è uno dei principi del capitalismo che non mi sogno nemmeno di mettere in discussione (ride). Il sistema è complesso, si avvale di risorse e coinvolge diversi stakeholders. C’è una parte di sviluppo - software -, una parte di hardware - mining - e gli utilizzatori finali.
Nella parte di sviluppo rientrano gli sviluppatori che elaborano la crittografia, il codice open source, il comitato regolatore.
Gli utilizzatori finali sono i wallet digitali che offrono e acquistano merci generando transazioni.
I miner sono i server che memorizzano il blocco di codice relativo a ciascuna transazione, dando concretamente vita alla Blockchain (che è quindi, semplificando, una sorta di libro paga digitale). Ogni transazione da wallet privato viene registrata sulla Blockchain dal primo server disponibile. Il primo miner in grado di registrare il blocco di informazioni nel minor tempo possibile si aggiudica l’operazione e la fee che gli compete.
I principali miner sono asiatici a causa del mercato delle schede grafiche e della componentistica ad esse connessa. Matteo mi spiega infatti che le schede grafiche sono molto più veloci delle CPU nell’esecuzione del tipo di calcoli richiesti dai Bitcoin.
Lotta alle lobby economiche, potere distribuito… Sembra un racconto cyber punk, mentre in borsa la quotazione dei token (asset digitali paragonabili alle stock options tradizionali) di alcune startup attraverso le ICO sta raggiungendo cifre folli.
Lo scenario è confuso, non trovi?
La confusione è finanziaria, non tecnologica. La Blockchain è il futuro e oggi è soggetta a un insensato overpricing iniziale come lo fu internet quando venne lanciato. Il mercato si assesterà.
Dal punto di vista tecnologico non esistono software tanto solidi come il Bitcoin, proprio in virtù dei tempi di sviluppo che ci stiamo prendendo.
Stiamo lavorando ad una versione unificata, definitiva e divulgabile del sistema. Per noi nerd il futuro è chiaro, dobbiamo trovare il modo di renderlo tale anche agli utenti finali.
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