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Prendiamola alla larga: partiamo da Marte. Conosci Carl Sagan? È ritenuto uno dei più celebri astronomi, astrofisici, astrochimici e divulgatori scientifici del secolo scorso. Un asteroide e una vallata sul pianeta rosso sono intitolati a lui così come il lander della missione Mars Pathfinder della Nasa. Ha redatto i cosiddetti criteri di Sagan per la vita (al di fuori del pianeta Terra, ovviamente) e ha anche vinto un Pulitzer e un Isaac Asimov Award.
Ebbene sì, Carl era un conoscitore e appassionato dello Spazio con l’iniziale maiuscola, di asteroidi e di Marte, con il pallino della vita umana su un altro pianeta – e anche quello di vite non umane su altri pianeti, ma non è questa la storia da raccontare.
Bene, devi sapere che anche Carl Sagan era un attento ecologista, promotore della preservazione dell’ecosistema a noi noto come pianeta Terra. Insomma, anche un esperto come lui non scorgeva facili vie di fuga: l’ecologia è davvero un tema da affrontare.
Nel gennaio del 1969, Life Magazine dedicava la prima pagina ai cambiamenti epocali: foto dallo spazio e, all’interno, un annuncio: era iniziata l’Era Ecologica. È successo davvero?
Sicuramente la consapevolezza è cresciuta ma, come afferma Leyla Acaroglu, esperta di design sostenibile, abbiamo dato vita a una sorta di folklore ambientale: prendiamo decisioni in base a leggende ecologiste.
Questo, in realtà, riguarda soprattutto i materiali che riteniamo naturali, non inquinanti. Un esempio per il design? Nonostante esistano degli ottimi sistemi di riciclaggio del legno, il materiale naturale per eccellenza, a nessuno viene mai in mente di avere un cestino dedicato. E banalmente, ogni anno, milioni di tonnellate di legno diventano semplici rifiuti che accumulati emettono metano. Proprio come le flaccide lattughe che dimentichiamo in frigo.
In una recente intervista, Stefano Giovannoni – il designer che negli anni Novanta introdusse l’uso intensivo della plastica nelle produzioni di brand celebri come Alessi – ha sbottato riguardo l’idea che tutte le plastiche siano un rifiuto pericoloso per l’ambiente. Giovannoni, oltre a sottolineare l’importanza del ciclo di vita del prodotto come fa anche Leyla Acaroglu, ha dichiarato:
È fastidioso ammetterlo, ma ha ragione. Proprio come per il legno. Insomma, senza i produttori illuminati non esiste l’ecologia, ma senza consumatori attenti, lo sforzo dei produttori non serve a nulla. L’ecologia è una forma di consapevolezza che riguarda tutti quanti.
Per il metallo le regole sono pressoché le stesse: conta il metodo di produzione, il ciclo di vita, la semplicità e la nostra voglia di riciclarlo. Ma c’è un grande vantaggio: è relativamente facile mantenere intatte le sue qualità originali – mentre il fatto che ci siano in commercio numerosi tipi di plastica difficili da distinguere rende più difficile riciclarla.
Il metallo riciclato è quindi un prodotto di alta qualità e molto diffuso. Lo dice anche Fermob, il celebre marchio francese delle sedie da bistrot, che ha scelto senza esitazioni la via ecologica: 100% di materie prime riciclate e riciclabili, pitture in polvere senza solventi e innocue sia per la natura sia per la salute degli operai e dei consumatori, e utilizzo di un processo che permette un abbassamento di 10 gradi della temperatura dei forni, con il conseguente risparmio energetico del 30%.
La stessa motivazione ambientalista muove anche Brabantia, che ha un’intera gamma di prodotti Certificati Cradle to Cradle a livello bronzo, garanzia della salubrità dei materiali, del loro riutilizzo, dell'uso di energie rinnovabili e della gestione delle emissioni di anidride carbonica, ma anche della corretta gestione idrica e dell'equità sociale del brand. E, inoltre, è un partner ufficiale dell’impresa The Ocean Cleanup.
Lovemae, invece, ha scelto il bambù, colori non dannosi per l’ambiente e soprattutto prodotti completamente biodegradabili. Insomma, se si ha la volontà, si trova il modo. Perché, in realtà, l’importante è essere consapevoli, diffidare del folklore ambientale e fare una scelta - anche se ha un costo. Perché, finché quella scelta non sarà molto più comune, più diffusa, quel costo rimarrà inevitabilmente alto. In tutti i sensi.
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