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Il prezzo dell’ecologia: design, leggende e la fuga su Marte
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L’università più o meno lontana da casa e poi la cosiddetta esperienza all’estero. Quindi il primo lavoro in una grande città. Poi un altro lavoro o non lavoro, un’altra metropoli e un’altra ancora. Generation Rent, la generazione che affitta. Forse perché non ha possibilità di acquistare. Forse perché gli piace.
La mobilità (che è un modo polite per dire migrazione) è una delle chiavi di lettura del presente, della società, della fascia venti-trenta. I sociologi lo gridano illuminati parlando di stati liquidi e gassosi, i politici ne dibattono insonni e insolventi, gli storici ridimensionano l’eccezionalità del fatto ma - infine - accettano il verdetto. I designer…
I designer e i giovani architetti, quelli a cui hanno insegnato a disegnare fondamenta, case e arredi che durino una vita intera, cosa fanno? Pensano al futuro. E lo pensano in movimento.
L’argomento è trito sotto vari aspetti. Ma c’è un’espressione che cerca di mettergli un cappello in testa: mobitecture. Sono Rebecca Roke e i tipi di Phaidon ad averla messa sul tavolo. Ma in cosa consiste la mobitecture? È più facile spiegarlo con gli esempi.
Stefan Juust ha disegnato Travelbox. Travelbox è un rigido parallelepipedo metallico di tre metri per due per uno, circa. Certo, non lo puoi spostare con gli amici e il car sharing. Ma resiste bene ai viaggi internazionali. E cosa contiene? Semplicemente tutto.
Dal Travelbox puoi tirare fuori un tavolo, due sedie, una panca, la struttura di letto, il materasso, il piumone, due cuscini, un armadio a giorno che ti permette di tenere in ordini i vestiti e qualche libro. E una bicicletta, per fare le consegne di Deliveroo la sera. Scherzi a parte, non è una cattiva idea. Per soli 60kg di peso – forse un po’ pochi.
Tutti parlano della mobitecture come fosse il presente e il domani, ma non tutte le sue opere sembrano aver già definito una propria raison d'être pratica e intelligibile. Anche questa identità è un po’ posticcia, e in molti casi è la pura sperimentazione a rapire la fantasia dei giovani designer e architetti. Per portarla in luoghi… poco utili.
Lo zaino Melina, in fin dei conti, è un’ingombrante - ma molto bella! - tenda a soffietto in cui puoi giusto dormire all’interno. Tuttavia, ammettendo un po’ di ignoranza in materia, non mi è ancora ben chiaro perché dovrebbe essere più pratica di una vecchia, più leggera e meno ingombrante, tenda canadese. O di quelle esteticamente orrende, ma che tiri per aria e si montano da sole.
E poi c’è A47 che è una libreria mobile - ancora una volta molto, molto bella e costosa! - come quelle che si incontrano in gran numero nelle province turche più sperdute: non proprio una novità, insomma. O Desert Seal, un’altra futuristica tenda-rifugio per gli ambienti estremi, dall’improbabile forma aerodinamica e dotata di un pannello solare per garantirne il comfort interno – ma i cui utilizzatori non è ancora chiaro chi dovrebbero essere e come dovrebbero procurarsela.
O l’improbabile Paracycle Swarmdi N55, un prato artificiale con le ruote ingombrante come un’utilitaria, che di sicuro trasmettere una certa allegria - mentre resta qualche fondato dubbio sulla sua praticità.
In ogni caso, tra micro abitazioni con una, due, tre o quattro ruote, case stampate in 3D e appartamenti di plastica, di una cosa siamo sicuri: il futuro dell’architettura e il design si sta muovendo. Aspettiamo di scoprire in quale direzione.
In copertina: Antiroom II Self-built Pavilion by Elena Chiavi, Ahmad El Mad, Matteo Goldoni.
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