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Lavoro di squadra: Charles, Ray e l’Eames studio

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Anno 67 del secolo Ventesimo, il mondo è in fermento. Gubi Olsen ha trent’anni e vive a Copenhagen insieme a sua moglie, Lisbeth. Cinque anni prima la capitale danese era stata la prima città al mondo a decidere di pedonalizzare il centro storico: il cambiamento e la voglia di sperimentare erano nell’aria. Anche a casa Olsen.
Esattamente 50 anni fa Gubi e Lisbeth Olsen iniziano a commerciare tessili e produrre gli arredi disegnati da loro. L’idea funziona e Gubi, il marchio di design che oggi tutti conosciamo, inizia ad assumere lentamente una sua propria fisionomia. E poi arriva Jacob.
Jacob Gubi Olsen è il figlio della coppia destinato a prendere in mano e – a lasciare il suo segno – in Gubi. Inizia come si inizia sempre nelle imprese familiari: affiancando il padre. Ma non abbandona mai lo spirito controcorrente da giovane Holden deciso a fare le cose a modo suo, senza sentire il bisogno di invecchiare per fare scelte importanti e diventare saggio.
Jacob non ha pace, si guarda attorno: il primo segno lo lascia importando Prada e Helmut Lang in Danimarca, in anticipo su tutti gli altri. Per poi tornare a concentrarsi totalmente sull’impresa familiare, iniziando, nel 2001, a cercare collaborazioni e ispirazioni per il futuro di Gubi. Le sue prime collezioni.
Questa storia inizia nel 1967 ma procede a ritroso: va avanti tornando agli anni Cinquanta di Greta Grossman, Francisco Juan Barba Corsini, Jacques Adnet e Mathieu Matégot, agli anni Trenta del Bauhaus inglese di Robert Dudley Best, senza abbandonare la passione di Gubi padre per un Napoleone Bonaparte filtrato dalle nuove prospettive del cinema d’autore francese.
Ma non è successo questo, per fortuna, a Gubi. Il marchio danese si proietta nel futuro riportando in commercio la lampada Grasshopper, la serie da tredici pezzi Bestlite e molte altre intramontabili icone. Lost and found, dicono loro: giocare a sfocare le linee di confine tra passato e presente, tra presente e futuro. Viaggiare, studiare i posti dove cercare e trovare oggetti e ispirazioni ormai dimenticati e dettagli contemporanei che svelano un piccolo pezzo di futuro. E poi arriva la prima icona completamente pensata in casa.
Jacob si era rivolto a Boris Berlin e Poul Christiansen, fondatori di Komplot Design. Poul portava con se maturata in Ib & Jørgen Rasmussen, Boris era un russo che lavorava più come uno scienziato, racconta Jacob: aveva appreso l’arte della fotografia e la sola passione per il gesto di creare qualcosa di nuovo l’aveva condotto al design, a Poul.
L’architettura, la scienza e l’influenza del modernismo: così nasce la peculiare forma della Gubi Chair realizzata grazie alle nuove possibilità tecniche date dal 3D Veneer del legno. E così finisce nella collezione permanente del MoMA e porta Gubi sul proscenio internazionale dell’home design. E nelle case di tutto il mondo, grazie alle successive collaborazioni con nuove firme del design, come GamFratesi, Henning Larsen e Paul Leroy.
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