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Stefano Seletti e la (r)evolution nel design
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Non credere a chi ti dice che design fa rima con industriale e, per definizione, è destinato alla produzione in serie: il trend sta facendo il giro di boa.
Riscopri l’importanza della lavorazione artigianale.
L’input arriva dal mondo della moda, nello specifico dal genietto (perché oltre che geniale, è anche molto giovane) Jonathan Anderson. Breve introduzione: fresco di diploma alla St. Martins School of Arts di Londra nel 2013, a soli 24 anni Anderson diventa direttore creativo della prestigiosa, storica e tutt’altro che giovane casa di moda spagnola Loewe. L’anno successivo fonda il brand JW Anderson, conosciuto per l’alta artigianalità delle confezioni e la lavorazione della pelle.
Riuscito a imporsi in una realtà a conduzione familiare da generazioni, Anderson ha un’attitudine controtendenza e quindi una visione diversa e molto, molto evoluta sulle cose. Per questo non mi sono stupita leggendo le sue affermazioni sulla riscoperta della tradizione a scapito della corsa alla tecnologia. Una frase, in particolare, ha catturato la mia attenzione:
Ecco: la ricerca del tatto, che manca così tanto dal mondo attuale, ci fa scegliere con cura gli oggetti di cui ci circondiamo. Il ritorno di popolarità dell’artigianato, quindi, non è nient’altro che il contraccolpo necessario a bilanciare la presenza dominante di smartphone e altri dispositivi elettronici di varia natura nelle nostre vite, e l’appiattimento generale che ne deriva.
Da più di 10 anni Jonathan Anderson colleziona ceramica e altri manufatti. Ecco perché, nel 2016, ha lanciato il premio Loewe Craft Prize, concorso che premia l’artigianalità e si estende a tutte le categorie legate al lavoro manuale. Un'ode alla creatività più pura nell’arte e nel design. Oggi questo premio richiama 1900 partecipanti da 75 paesi, con giudici di tutto rispetto come Patricia Urquiola e Deyan Sudjic.
Che sia una reazione necessaria per ampliare nuovamente i sensi, ormai totalmente catalizzati dalla tecnologia?
Fermati un attimo, respira, osserva: è vero, viviamo l’epoca dell’ultra-digitalizzazione, e anche nella produzione industriale questa tendenza si diffonde a vista d’occhio, tra stampa 3D e metodi produttivi sempre aggiornati e nuovi. È anche vero che tanti brand stanno coltivando o riscoprendo il lavoro manuale, perché rende unici i loro prodotti.
Mi torna spesso in mente la frase di una canzone: dove vai se non sai da dove vieni?
Passato non è sinonimo di polvere e odore di formalina. Utilizzare tecniche antiche per realizzare qualcosa ai giorni nostri non deve per forza entrare in contrasto con l’estetica moderna, anzi: la sfida e il valore aggiunto è proprio quello di riadattare le tecniche al nuovo gusto. E poi il consumo sta tornando morale, lasciando spazio ad oggetti fatti per durare nel tempo e accompagnarci negli anni. Questo significa produrre meno, produrre meglio, e ridare dignità agli artigiani.
Inoltre, lavorare un oggetto a mano permette al suo creatore di aggiungere dettagli, calore e personalità altrimenti impossibili con la lavorazione industriale. La bellezza dell’artigianalità sta proprio nel processo produttivo, che merita di essere valorizzato. Uno stile diverso, più lento, basato sui tempi naturali degli elementi: dal tempo di asciugatura del legno alla cottura della ceramica, ogni passaggio è scandito dai ritmi della materia stessa. Certo, l’attesa si allunga, ma viene ampliamente ripagata dalla qualità intrinseca del prodotto finale.
Siamo nella Golden Agedella ceramica. Soprattutto nel Nord Europa, giovani artigiani come Tortus o Jeanette List Amstrup stanno riportando sotto i riflettori la lavorazione al tornio. Ed è solo la punta dell’iceberg di una folta schiera di nuove leve che, giorno dopo giorno, dà nuovo valore a qualcosa che sembrava dimenticato. Pensala nel quotidiano: non è più bello avere qualcosa di cui conosci l’origine e le mani che l’hanno prodotto, invece che oggetti fatti in serie, uguali a quelli del tuo vicino di casa?
Ti basta aprire il feed di Instagram per capire di cosa sto parlando: knitting, lavorazione della pelle, ricamo, lavorazione del legno e della ceramica, stampa a mano, serigrafia. Niente di più che tecniche ereditate dai nostri antenati. La cosa bella è che ad occuparsene, adesso, sono giovani belli e volenterosi di applicare tutta la loro conoscenza artigianale nella creazione di un oggetto che farà felice un altro essere umano. La riscoperta dei mestieri manuali, oggi, è stupendamente hype, e la celebrazione dell’unicità e perché no, dell’imperfezione, più attuale che mai.
In fondo noi esseri viventi siamo belli perché diversi: è il nostro background a definirci. Non può essere lo stesso nel design?
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